Intervista alla Prof.ssa Tiziana Tacconi, docente di Anatomia Artistica dal 1989 presso l’Accademia di Belle Arti di Brera , già Direttrice del Biennio di secondo livello in Teoria e Pratica della Terapeutica Artistica- all’Accademia di Belle Arti di Brera (Milano) dal 2004 al 2019, fondatrice dell’Associazione Kairos
A cura di Patrizia Santinon

Domande aperte:
1) Il ruolo delle Arti per il miglioramento del benessere e della salute confermato da un corpo di evidenze scientifiche raccolte nel report dell’OMS del 2019: Fancourt D, Finn S. What is the evidence on the role of the arts in improving health and well-being? tradotto in italiano dal CCW-Cultural Welfare Center grazie alla partnership con DoRS Regione Piemonte Centro di Documentazione Regionale per la Promozione della Salute.
Come si è sviluppato il contributo della terapeutica artistica nella cura e nei luoghi della cura a partire dal tuo lavoro pioneristico fuori e dentro Brera?
TT: Il biennio di Teoria e Pratica della Terapeutica Artistica nasce nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano nel 2004 dopo una sofferta proposta di 7 anni all’istituzione accademica.
Il progetto fu il prodotto della ricerca condotta oltre da me, dalla professoressa Laura Tonani e dal critico d’arte Tommaso Trini.
Quando finalmente nel 2004 si realizzò il Biennio il contributo dello psichiatra prof. Fausto Petrella fu determinante nella creazione di una Convenzione con il Dipartimento di Specializzazione di Psichiatria della Facoltà di Medicina – Università di Pavia.
Inizialmente non era prevista quell’apertura di laboratori nelle Strutture Sanitarie perché a quel tempo non si registravano esperienze simili in nessun Reparto se non nella Psichiatria.
Ma dal 2005 dopo un anno continuativo di attività artistica nel Reparto di Oncologia nell’Ospedale di Carrara (MS), si aprì una richiesta così intensa che nel giro di qualche anno avevamo laboratori di terapeutica artistica in moltissimi Reparti degli Ospedali di Milano, Pavia, e nel resto d’Italia.
Si prese consapevolezza che l’arte favorisce il processo di umanizzazione dei luoghi di cura, aiuta a riscoprire la propria creatività, favorisce i rapporti interpersonali, migliora la comunicazione con i pazienti e nell’ambiente lavorativo e, non ultimo, rappresenta uno strumento estremamente utile per la lotta ai sintomi da burnout, del personale sanitario che vive un confronto quotidiano con patologie gravi. Vivere la propria cura in uno spazio dialogante con l’arte, favorisce la visione ottimistica e positiva della vita in cui gioca un ruolo chiave l’esperienza condivisa.
Fu proprio nell’esperienza dell’Oncologia di Carrara che ebbi modo di assistere alla creazione dell’ OPERA CONDIVIVA, che diventò il modello dell’ARTE TERAPEUTICA.
Creare un’Opera condivisa corrisponde a riprende il filo di quell’antica tradizione dell’arte che esige creazioni di valore umano, non contemplazione estetica fine a se stessa o piacere intellettuale, ma opere come espressioni di individui all’interno di una società.
2) Che cosa ti ha spinto a portare il tuo lavoro e le competenze di artista nei luoghi simbolo dell’Istituzione totale, dalla psichiatria di Pavia al carcere di Bollate?
TT: Io non credo che ci sia un’arte per i malati e un’arte per i sani, ci sono però dei modi di stare insieme e se l’arte ha forse un senso in certi momenti è proprio quello di insegnarci a guardare l’altro non come se fosse fuori di noi, ma come se fossimo noi stessi. Un’altra parte del sé.
Il diverso ci fa paura e noi tendiamo ad allontanare tutte le cose che ci provocano disagio, ma in realtà questo atteggiamento, questa paura, è l’evidenza stessa della nostra difficoltà a vivere in armonia il nostro quotidiano.
Il termineTerapeutica deriva etimologicamente dal latino Therapèutica e dal greco Therapeytikè che correntemente tradotta con “arte” comprendeva un saper fare, una partecipazione consapevole a ciò che si fa, simile ad un organismo vivente, che imita o completa la natura, da cui deriva il piacere di “prendersi cura di sé” e degli altri.
Comunicare le risorse e le potenzialità individuali e creare le condizioni perché i processi di partecipazione rendano praticabile un’esperienza comune significa riconoscere la fiducia come processo capacitante e generante.
È un’operazione che chiede a chi opera nei contesti sociali non solo di uscire dalle certezze culturali ma anche di aprirsi al rischio e all’imprevisto, offrendo in prima persona una misura, un modo possibile di metterla in circolo.
Essere fisicamente “sullo stesso piano”, nello spazio di partecipazione ha a che fare con la “condivisione”, creazione delle condizioni che accrescono la fiducia tra i soggetti coinvolti e i saperi di cui sono portatori.
Alla base di un’interazione corretta c’è l’empatia che indica la capacità di proiettare se stessi in ciò che è altro da sé (cosa, persona, situazione).
Il saper comunicare in maniera empatica è caratteristica fondamentale per la costruzione di un percorso artistico corretto, di pari dignità rispetto alla capacità di comprensione, di-segni e condizioni ambientali.
L’Arte Terapeutica ci ha portato a realizzare OPERE CONDIVISE nei Reparti ospedalieri, nelle Assocciazioni, nelle Scuole ed a condividere, la mancanza di libertà, nel carcere, il più chiuso dei mondi, con i detenuti e la tensione che vi si assapora.
3) Che cosa è terapeutico dal tuo punto di vista di artista e terapeuta? Perchè parliamo di terapeutica artistica e non ti arte-terapia?
TT: Negli anni Cinquanta, quando l’Art Therapy era ancora nella sua fase pionieristica, la pittura era realmente una possibilità di cura perché riusciva a “ sedare” e “contenere” l’avventura della malattia mentale, a conferma che il processo creativo assume caratteristiche particolari se lo si lascia libero di esprimere il vissuto profondo dell’essere.
Senza ombra di dubbio possiamo dire che tutto cambiò con l’introduzione di farmaci che nell’azione sedativa, erano molto più efficaci dell’arte.
La Terapeutica Artistica, da una tale eredità storica, alla quale afferiscono principalmente saperi relativi alla psicoanalisi e alla psichiatria, ha aperto un’ulteriore riflessione intorno alla storia dell’arte e all’estetica di orientamento fenomenologico, dando vita ad un nuovo metodo del percorso formativo terapeutico e del linguaggio del “fare” creativo e inventivo.
Il confronto di due sguardi: quello artistico e quello del mondo della psiche, senza snaturarne i rispettivi linguaggi, ci ha portato a “rinominare” a “ridisegnare” i contorni di una disciplina che in sé riuniva un panorama multiforme ma a tratti confuso, in una nuova esperienza: l’ARTE TERAPEUTICA
La caratteristica e la contemporaneità dell’Arte Terapeutica é sviluppare una creatività alla quale tutti possano partecipare.
E’ necessaria la presenza di una figura professionalmente in grado di stimolare la funzione espressiva, di evidenziare la presenza di un “corpo socializzato” che sia il presupposto per la realizzazione di contesti di ‘terapeuticità’ e di condivisione .
L’ artista terapista essendo principalmente esperto del linguaggio artistico ha la consapevolezza che l’atto creativo è la forma migliore del “prendersi cura di sé”.
La visionarietà, il rapporto tra l’immaginario e la vita affettiva costituisce l’assunto di base che individua nell’artista terapista quella capacità relazionale di stimolare nell’altro un processo di comunicazione personale, interiore, sostenibile e creativo. E ’proprio il fenomeno dell’immaginazione come capacità espressiva della personalità in grado di sopravvivere al disagio esistenziale che favorisce un progetto metodologico che possiamo definire “terapeutico”. L’applicazione del metodo terapeutico accoglie nel fare artistico, ogni trasformazione, richiede tempo ed assimilazione dei meccanismi nuovi, dal momento che ogni cambiamento apporta sicuramente dei vantaggi, ma anche la perdita della stabilità indotta dalla consuetudine, presenta molteplici significati simbolici ed immagini complesse, consentendo l’attuazione di un nuovo linguaggio espressivo del corpo, diverso dalla parola ma soprattutto dal sintomo.
Come sostiene l’amico critico d’arte Claudio Cerritelli “ Il fatto che l’arte contemporanea sia attirata a dialogare con i luoghi della sofferenza e della malattia con il pensiero rivolto alla solidarietà sociale come sostegno alla dimensione fisica e spirituale dell’uomo, porta a riflettere intorno al valore di questa operazione dell’esperienza umana e….. consente continue immagini fissate nel rapporto inesplicabile tra la vita e la morte. Questa iniziativa culturale non è estranea alla vitalità creativa dell’arte e deve dunque intendersi nelle sue profonde implicazioni umane come partecipazione attiva ad un progetto di qualificazione estetica della vita, nel momento di massima sospensione del suo senso..”
“L’arte contemporanea si distingue da quella antica concepita come verità rivelata, perché si può attuare solo attraverso l’individuo. L’individuo dovrà costruirsi il mondo direttamente, con le proprie forze. Questa sarà la grande opera d’arte moderna: la scultura sociale. L’artista é chiunque abbia questo grande progetto.” J. Beuy
4) Ci racconti come nasce l’idea della performance “Fili Rossi per la Pace”lungo la via Francigena e come è possibile parteciparvi e contribuirvi? “Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio, la guerra.”
TT: Siamo nell’epoca del “senza futuro” contraddistinta da un malessere opaco, da un senso di inutilità e di impotenza che riflette l’appannamento del futuro.
Per i giovani spesso il domani appare una minaccia piuttosto che una promessa capace di orientare il cammino verso l’età adulta .
Se non vengono tradotte in parole condivise, le esperienze passate precipitano nell’insignificanza e nell’oblio
“Fili Rossi per la Pace” è un’opera d’arte condivisa che inizialmente doveva percorrere la via Francigena dal 1 giugno ad ottobre ma che attualmente si è inoltrata in tutti i luoghi del Mondo.
L’obiettivo di creare un’ Opera Condivisa lungo la via Francigena da San Bernardo a Roma, dove ogni persona che partecipa diventa artista dell’opera Condivisa, semplicemente documentando la parte del cammino che sceglie di percorrere lasciando lungo il sentiero il suo filo rosso, è diventato la testimonianza concreta dell’importanza della pace come bisogno dell’umanità e come risposta ad ogni violenza, toccando luoghi che vanno oltre la Via Francigena. Ad oggi abbiamo raccolto testimonianze di fili rossi da luoghi oltre l’Europa, dall’Asia dall’America e dall’Africa.
Proprio attraverso il simbolismo del filo rosso, che ogni persona può portare con sé lungo il percorso si sono concretizzate le parole di Papa Francesco “Dobbiamo essere costruttori di pace e le nostre comunità devono essere scuole di rispetto e di dialogo con quelle di altri gruppi etnici o religiosi, luoghi in cui si impara a superare le tensioni, a promuovere rapporti equi e pacifici tra i popoli e i gruppi sociali e a costruire un futuro migliore per le generazioni a venire.”
L’opera condivisa “Fili Rossi per la Pace” è un’idea innovativa di Arte Terapeutica che si propone come una Performance in Progress. Ogni partecipante che percorre il suo viaggio lascia il suo filo rosso, che nel tempo si unirà simbolicamente agli altri creando una rete internazionale dedicata alla Pace. La partecipazione viene documentata con una testimonianza fotografica o video. Questa iniziativa “Fili Rossi per la Pace” invita tutte le persone, Artisti, Enti privati e Pubblici, Associazioni, e Comunità a prendere parte alla costruzione di un messaggio di Pace, simbolo di connessione tra popoli e culture.
In quanto artista Terapista e fondatrice dell’Opera Condivisa mi sento impegnata a far si che l’arte ci permetta la rielaborazione della realtà e lo stimolo necessario alla “cura sia del corpo che dello spirito” e consenta ai ragazzi di sentirsi membri di una comunità che non è solo fuori ma anche dentro di loro, protagonisti di una storia che non è conclusa e di un futuro che deve essere ridisegnato ricominciando dal punto in cui il discorso si è interrotto attraverso la comune passione per la creatività.
Fili rossi per la Pace continuerà fino alla metà di ottobre ma altre Opere condivise saranno indirizzate al tema della Pace.
5) Ti chiedo di spiegarci che cosa intendi per “opera d’arte condivisa”.
TT: Comunicare e condividere risorse e potenzialità individuali, creare le condizioni perché i processi di partecipazione rendano praticabile un’esperienza comune è un’Opera condivisa e significa essere strumento e dare strumenti per costruire un progetto di possibile cambiamento al presente.
“L’opera condivisa ” prevede l’attuazione di un progetto artistico e la realizzazione individuale e collettiva che coinvolge tutti i componenti alla realizzazione dell’opera, condividendo lo spirito del progetto ed essendo tutti gli artisti dell’Opera superando nella condivisione l’atto esclusivo di appartenenza senza rinunciare alla propria identificazione dell’essere creativo.
6) “Supportare l’inclusione di materie artistiche e umanistiche nella formazione dei professionisti della salute per migliorare le loro competenze cliniche, individuali, e di comunicazione“ è una delle indicazioni fornite dalla più recente ricerca dell’OMS sul ruolo dell’arte nella costruzione di salute. La formazione di base e permanente degli operatori sanitari e la dimensione stessa della cura possono trovare nelle discipline umanistiche un valido supporto al miglioramento della relazione di cura tra curanti, pazienti e family caregiver, alla gestione della dimensione etica e multiculturale della cura e al sostengo al benessere stesso dei curanti. Quale pensi possa essere il contributo della terapeutica artistica nell’alveo delle Medical Humanities proprio a partire dalla tua esperienza di socio fondatore dell’associazione Kairos, di cui ti chiederei di parlarci un po’ meglio?
TT: Un pó “rabdomanti” della creatività: così gli l’artisti terapisti scoprono la fonte delle pulsioni espressive e restituiscono nuova forza propulsiva, suggerendo il “fare” che diventa “voce”.
Senza mai perdere di vista la qualità estetica del lavoro, gli artisti terapisti, sono in grado di affinare gli strumenti dell’arte e a porli come linguaggio sul piano relazionale, esercitando un ruolo maieutico nei confronti delle potenzialità espressive dell’altro, creando così l’apertura tra il mondo interiore e la realtà corale dell’opera condivisa.
La grande scommessa dell’ARTE TERAPEUTICA è quella di contribuire alla costruzione di un progetto d’integrazione tra due sguardi, quello psichico e quello artistico, aventi come finalità la comprensione dell’individuo colto nella sua dimensione antropologica esistenziale e di conseguenza una nuova, reale prospettiva dell’arte.
Inoltre la possibilità di confrontarsi anche con altre discipline artistiche, e non escludo professioni e mestieri, nell’ottica di un’attività espressiva integrata che possa essere terreno fecondo per attività future, ha maturato la consapevolezza di nuove possibili aperture di linguaggio e di pensiero.
Perciò la condivisione tra artisti, psicologi, psichiatri, psicoterapeuti, medici, neurologi, filosofi, matematici, scienziati ecc… mantenendo ognuno la propria specificità professionale ha la potenzialità di creare diversi sguardi e un momento di confronto e di re-visione dell’esperienze che da tempo sono state avviate dall’Arte Terapeutica.
Ciò che appare vistoso allo sguardo di chi si occupa “ del prendersi cura “ è che le persone sono cambiate. È cambiato il loro sguardo sul mondo, il senso del limite, della possibilità di espressione del proprio desiderio. Un cambiamento tanto radicale da rappresentare per molti una mutazione antropologica segnalata da diversi indicatori.
Stabilire un rapporto tra libertà e limite e tra ordine e creatività, instaurare relazioni fondate sul dialogo, trovare un nuovo equilibrio sono questioni che occupano costantemente la ricerca di Arte e Psiche.
Il disastro pandemico mi ha offerto la fortunata possibilità di collaborare con l’amico e collega Michele Oldani, psicologo e sociologo, docente di Fondamenti di psicologia nel Biennio di Teoria e Pratica della Terapeutica Artistica, che nel 2021 mi propose di condurre con lui un Biennio di Terapeutica del Colore.
Nel 2023 abbiamo insieme ad altri colleghi, artisti e psicologi rinnovato l’Associazione Kairos introducendo le attività artistiche.
In questa direzione Kairos si propone come contenitore riflessivo per genitori e insegnanti, andando a ricercare, attraverso discussioni relative alle singole problematiche e da svolgere insieme, modelli relazionali che permettano di superare diverse difficoltà.
Sono in fase di preparazione e saranno presto pubblicati sul sito cicli di interviste ai responsabili delle aree evolutive, delle scuole di psicoterapia sui singoli aspetti dei cambiamenti dell’infanzia, dell’adolescenza, adulti e anziani.
Kairos propone laboratori creativi individuali e di gruppo di arte Terapeutica e offre un canale alternativo per affrontare i sintomi del disagio che si manifestano ad ogni età. Attraverso percorsi individuali di attività laboratoriale anche i genitori e gli educatori possono sviluppare le loro capacità artistiche.